VERBALE DEL Iº ARRESTO DI SANDRO PERTINI
Dagli archivi della Polizia fascista – 1925
Il 30 dicembre 1924 il consiglio dei ministri, presieduto da Mussolini, decide l’adozione di «tutte le misure necessarie per la tutela degli interessi morali e materiali del paese», interessi che si identificano con quelli del fascismo. Il giorno successivo il ministro dell’Interno, Federzoni, procede ad un giro di vite, sequestrando i giornali di opposizione e ordinando perquisizioni e fermi. Lo stesso giorno Farinacci, sul suo giornale, proclama a sei colonne che bisogna tener pronto il manganello. Superata la crisi che era seguita alla scoperta del delitto Matteotti, Mussolini dichiara nel discorso del 3 gennaio 1925: “Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione e nella forza”. Contro l’opposizione, il governo fascista usa la forza dello Stato e quella delle squadre di azione.
Da prefettura Genova a ministero dell’Interno, direzione P S., Roma
Genova, 24 maggio 1925
Per notizia informo codesto on. ministero che il comandante la stazione CC.RR. di Stella, venuto a conoscenza che l’avv. Pertini Alessandro, fu Alberto, di anni ventinove, nato a Stella e residente a Savona in via Versellino, socialista unitario, andava distribuendo esemplari di un manifesto stampato alla macchia, dal titolo Sotto il barbaro dominio fascista, riportando articoli incitanti all’odio di classe, ha il 22 corrente proceduto in Savona a perquisizione domiciliare nell’abitazione del predetto avvocato, perquisizione che ha fruttato il sequestro di 100 copie del citato manifesto. In seguito a ciò il Pertini e stato arrestato e denunciato alla competente autorità giudiziaria per il reato di cui all’articolo 247 C.P. Si unisce un esemplare del manifesto.
Il Prefetto
Legione territoriale carabinieri reali Genova, stazione Stella
Processo verbale di arresto di Pertini avv. Alessandro per incitamento all’odio fra le classi sociali – art. 120 codice penale.
L’anno 1925 addì 22 maggio ore 14 in Savona. Noi sottoscritti Pellegrini Salvatore maresciallo capo, comandante la suddetta stazione riferiamo alla competente Autorità che ieri siamo venuti a conoscenza che Peroni avv. Alessandro, fu Alberto e di Muzio Maria nato a Stella, d’anni ventinove, ivi domiciliato e residente a Savona alla Villetta, socialista unitario, il 17 andante giunse in autocorriera a Stella, alle ore 10, appena disceso distribuì varie copie del qui unito manifesto intestato Sotto il barbaro dominio fascista stampato alla macchia. Altre copie del medesimo stampato erano state spedite per posta a Stella S. Martino a quella società cattolica che appena ricevuto, dicesi, averle subito bruciate. Stamane noi maresciallo Pellegrini recatoci a Savona e dopo saputa l’abitazione del Peroni assieme al brigadiere dei carabinieri specializzati Pes Pietro dei commissariato di PS di Savona ci avviammo verso la Villetta e trovato il Peroni in piazza lo abbiamo invitato venire con noi. Egli senza indugio ci ha accompagnati nella sua stanza da letto e perquisita trovammo n. 14 copie piegate pronte per spedirle, altre 100 sopra un tavolo nella stanza stessa tutte del medesimo manifesto.
Il Pertini Alessandro avanti noi maresciallo Pellegrini e brigadiere Pes ha liberamente confermato la sua attiva ed infrenabile propaganda contro l’attuale governo, egli e un tesserato del partito socialista unitario ed ha ammesso di (18) avere distribuito le copie del manifesto in tutto il circondario di Savona ed in parte in quello di Imperia, parte a mano propria ed altre mediante plichi spediti alle società ex combattenti e parte a quelle cattoliche mediante posta. Però non fuori del suo limite ove egli e incaricato per la propaganda sovversiva.
Non ha voluto dire ove sia stato stampato il manifesto, sebbene porti al lato sinistro inferiore “Livorno” e ciò dice per sviare i dubbi del luogo ove e stato stampato, dichiarando invece stampato in una tipografia di proprietà del partito non esistente però a Savona. La spedizione veniva effettuata con involti che non lasciassero dubbi alle autorità, come fece infatti domenica scorsa quando le invio alla Società ex combattenti di Sassello. Dopo di ciò abbiamo sequestrate tutte le copie sopra dette ed il Pertini dichiarato in arresto e condotto nelle locali carceri a disposizione dell’autorità giudiziaria. Di quanto sopra abbiamo compilato il presente processo verbale denunziando in ístato d’arresto il Pertini ai sensi dell’articolo 247 codice penale per eccitamento all’odio fra le classi sociali all’illustrissimo signor procuratore del Re di Savona e copia del presente inviamo ai nostri signori superiori.
Fatto, letto e chiuso in data e luogo di cui sopra ci sottoscriviamo.
Pes Pietro, Pellegrini Salvatore
Sin dall’interrogatorio reso al maresciallo dei carabinieri, appare quella che sarà la linea costante di condotta di Pertini nei processi in cui comparirà come imputato. Egli afferma la sua adesione al partito socialista unitario (il partito di Turati, di Treves, di Matteotti) e la sua intransigente opposizione al fascismo, si assume tutta la responsabilità del fatto, tenendo celati, o scagionando, quanti lo avessero aiutato. Pertini vuol pagare di persona, non vuol coinvolgere altri nelle sue disavventure di perseguitato politico.
Il 25 maggio il procuratore del Re, Ernesto Eula, con suo decreto ordina che Pertini sia tradotto dinanzi al tribunale all’udienza del 27 maggio perché contro di lui si proceda per direttissima, e gli contesta quattro reati: pubblicazioni di “Sotto il barbaro dominio fascista” senza le prescritte indicazioni; omessa consegna del foglio, prima della sua distribuzione, al procuratore del Re; incitamento all’odio tra le classi sociali; oltraggio al senato del regno. Il decreto e notificato, lo stesso giorno 25, al Pertini, nelle carceri di Savona.
Da avvocato Domenico Casella a procuratore del Re di Savona
Savona, 22 maggio 1
In data odierna e stato arrestato l’avvocato Sandro Pertini è associato a queste carceri. Interessato dalla famiglia presento alla signoria vostra illustrissima domanda di scarcerazione dell’avvocato Pertini. Mi rassegno osservantissimo. Verbale d’interrogatorio dell’imputato
L’anno 1925 il giorno 23 del mese di maggio alle ore in Savona e nelle carceri giudiziarie. Avanti di noi avv. Eula cav. Ernesto sost. proc. del Re assistiti dal segretario sottoscritto, e comparso l’imputato sotto indicato, il quale risponde: sono e mi chiamo Pertini avv. Alessandro fu Alberto e di Maria Muzio nato a Stella S. Giovanni il 27-9-1896 residente a Savona avvocato celibe, ho fatto servizio militare quale ufficiale – incensurato benestante. Contestatogli i reati come in atti specificati invitato a presentare le sue discolpe e diffidato che se anche non risponde si procederà oltre nella istruttoria.
Risponde: “Confesso pienamente di avere io stesso e solo compilato fatto stampare e quindi distribuito il foglio a stampa rammostratomi dalla S.V. intitolato “Sotto il barbaro dominio fascista e del quale un rilevante numero di copie venne trovato nel mio domicilio per parte della polizia giudiziaria e posto in sequestro. Escludo che qualsiasi a persona abbia preso parte alla compilazione e alla distribuzione del foglio, quale io scrissi colla piena consapevolezza delle mie azioni, in corrispondenza della profonda fede politica che io professo, quale iscritto al partito socialista unitario. Feci stampare il foglio a mie spese e per opera di una tipografia che non intendo nominare, fuori di Savona. Appunto perché non fosse noto il nome dell’editore e dello stampatore omisi di fare indicazione sul foglio e pure scientemente e volontariamente omisi dal presentare alla procura del Re le prescritte tre copie della pubblicazione, prima di iniziarne la distribuzione. Come già dissi io stesso mi occupai della distribuzione sia consegnando a mano le copie del foglio a persone di mia conoscenza in. Savona, Stella S. Giovanni, Sassello, sia spedendo plichi chiusi contenenti buon numero di copie del foglio a sezioni combattenti ed altri circoli politici di numerose località del circondario. Ammetto di aver compilato e distribuito il manifesto allo scopo precipuo di incitare coloro che lo avrebbero letto all’odio contro il partito fascista sia come quello che detiene attualmente il potere, sia come quello che in questo momento politico rappresenta la borghesia ed il capitalismo, i quali attraverso il regime fascista hanno instaurato in Italia una violenta forma di dominio e di oppressione del proletariato. Tuttavia non potevo pensare che la pubblicazione e distribuzione del mio foglio di per sé sole potessero avere l’efficacia di provocare da parte del proletariato una violenta reazione contro il regime e neppure di perturbare la pubblica tranquillità. Ritenevo soltanto che questo mio foglio potesse servire come contributo, se pure modesto, a tener desto nell’animo del proletariato il sentimento della lotta di classe, e della avversione al fascismo, rivolgendomi conseguentemente a tutti coloro che in questo momento contro il fascismo si sono schierati. Ammetto pure che nel compilare l’articolo intitolato Il procedimento contro De Bono e quello contro Giacomo Matteotti intesi esprimere un sentimento di sfiducia non già contro l’autorità giudiziaria in genere, verso la quale professo il più illimitato rispetto e stima, ma invece contro il senato costituito in alta corte di giustizia e precisamente contro la commissione senatoria proposta per l’istruzione del procedimento contro il senatore De Bono. Ciò perché e mia convinzione che il senato, organo eminentemente politico, se pur chiamato occasionalmente ad una funzione giudiziaria, non possa svestirsi di quelle idee politiche, il cui esplicamento ne costituisce la titurale funzione. Laonde l’opera giudiziaria dal senato svolta in procedimento a fondo politico non può, a mio vedere, non prestarsi a sospetto. Ammetto infine di avere nell’articolo intitolato Le accoglienze al Re a Milano… e quelle di Firenze, inteso rendere di pubblico dominio e far risaltare le fredde accoglienze ricevute da Sua Maestà a Milano ed a Firenze da parte del popolo, fredde accoglienze che secondo me dimostrarono come il popolo italiano in genere, in questo momento politico, faccia risalire al sovrano la responsabilità del perdurare del regime fascista e delle illegalità e menomazioni delle libertà pubbliche, che del regime fascista sono secondo me precipue colpe. Ammetto così di avere io stesso col detto articolo inteso di associarmi al sentimento del popolo, come sopra esposto, e quindi voluto far risalire al sovrano la responsabilità degli atti illegalitari del governo fascista. Quanto alla pubblicazione della lettera inviata da Cesare Rossi all’on. Mussolini in data 14 giugno 1924 e di uno stralcio del memoriale Filippelli in data 9 giugno 1924, dichiaro di avere colla pubblicazione stessa voluto portare a conoscenza del proletariato due documenti dei quali e stata fino ad ora negata la pubblicazione sui giornali e che stanno a dimostrare secondo me una responsabilità del capo del governo nella perpetrazione del delitto Matteotti. Non intendo palesare il modo e le persone attraverso le quali venni in possesso sia dei due documenti sopradetti, sia delle varie notizie pubblicate nel foglio. Non so precisamente se i due documenti di cui sopra facciano o meno parte degli atti relativi all’istruttoria concernente il delitto Matteotti.
Nomino a mio difensore il sig. avv. Giovanni Pera di qui. Chiedo di essere posto in libertà provvisoria o la scarcerazione. Letto, confermato e sottoscritto,
Sandro Pertini”.
Verbale d’udienza
L’anno 1925 e questo dì 27 del mese di maggio alle ore 10,20 in Savona.
Il tribunale penale di Savona composto dei signori avv. Bellocchio cav. Carlo, presidente; avv. D’Orsi cav. Salvatore, giudice; avv. Donadu cav. Giovanni Antonio, giudice – annunziato dall’ufficiale giudiziario di servizio, coll’intervento del pubblico ministero rappresentato dal sig. avv. cav.. Ernesto Eula, procuratore del Re, e coll’assistenza del cancelliere sottoscritto, prende posto nella sala di udienza, aperta al pubblico. Il sig. presidente apre il dibattito contro Pertini Alessandro fu Alberto e di Maria Muzio, nato a Stella (Savona) il 27 settembre 1896, residente a Savona, celibe, avvocato, incensurato, che prende posto al banco dei giudicabili accompagnato e vigilato dalla forza pubblica perché detenuto. Prende posto al banco di difesa il sig. avv. Giovanni Battista Pera di Savona. Interrogato l’imputato sulle generalità risponde declinandole come vennero in epigrafe trascritte.
A questo punto il difensore, chiesta ed ottenuta la parola, solleva formale incidente chiedendo l’immediata scarcerazione del suo difeso. In subordine chiede venga concesso il rinvio del dibattimento per un termine non minore di una settimana, e venga pur concesso al suo difeso il beneficio della libertà provvisoria. Ciò in quanto il Pertini denunciato il 22 maggio 1925 ed interrogato il 23 successivo non essendo stato portato immediatamente all’udienza giusta il disposto del 1° capov. dell’art. 290 C.P.P., ma soltanto all’udienza del 27 maggio, avrebbe dovuto essere scarcerato a’ sensi del combinato disposto degli art. 290, 1° capov. e 307 C.P.P., non consentendo i reati di cui e caso la spedizione del mandato di cattura. Ad ogni modo la libertà provvisoria può essere concessa in ogni stato e grado del giudizio, ai sensi dell’art. 333 C.P.P.
Il P.M. conclude opponendosi all’accoglimento di entrambe le istanze ( … )
Il tribunale si ritira in camera di consiglio per deliberare rientra in questa sala ed il presidente da lettura della seguente ordinanza:
“Sull’incidente sollevato dalla difesa diretto ad ottenere la scarcerazione dell’imputato od in via subordinata la libertà provvisoria e perché già sia concesso un termine di otto giorni per presentare nuove prove. Il tribunale considera che il rapporto dei RR. CC. reca la data del 22 maggio ore 14 e l’interrogatorio dell’imputato seguiva il 23 succ. ore 17.
Ora non essendosi potuto in detto giorno presentare l’imputato all’udienza ai sensi dell’art. 290 1° capov. disposto questo che non può astrarre dalla voluta celerità di tale procedimento, soccorreva la norma stabilita dall’art. 307 C.P.P. in virtù della quale l’imputato doveva essere scarcerato in quanto i reati a lui addebitati non consentono mandato di cattura, salvo l’obbligo della notificazione per citazione direttissima per l’udienza successiva.
Ritenuto che per il disposto dell’art. 292 del codice di procedura penale compete all’imputato un congruo termine non superiore ai dieci giorni per esperire le sue difese. Perciò ordina che il Pertini Alessandro sia scarcerato immediatamente se non detenuto per altra causa. Chiuso il processo all’udienza del 3 giugno p. v.”
Il Presidente
Sentenza del tribunale di Savona
Savona, 3 giugno 1925
Sentenza del tribunale di Savona nella causa penale contro Pertini Alessandro fu Alberto e di Maria Muzio, nato a Stella S. Giovanni il 27 settembre 1896 residente a Savona, avvocato. Detenuto dal 22 maggio 1925 al 27-5-1925, presente, imputato:
1. del reato p. e p. dagli art. 2 e 4 del regio editto sulla stampa 26 marzo 1848, per avere, in giorno prossimo, imprecisato ed anteriore al 17 maggio 1925 ed in località pure imprecisata, compilato e quindi fatto stampare un foglio portante il titolo Sotto il barbaro dominio fascista, senza indicare in esso la officina e l’anno in cui fu impresso e il nome dello stampatore e indicando falsamente il luogo della pubblicazione
2 del reato p. e p. dall’art. 1° legge 7 luglio 1910 n. 432, per avere, nelle stesse circostanze di tempo e luogo, quale editore dello stampato di cui sopra e prima d’iniziarne la distribuzione, omesso di consegnarne 3 copie al procuratore del Re presso il tribunale del circondario.
3. del reato p. e p. dall’art. 247 cod. pen. art. 1° legge 19 luglio 1894 n. 315 per aver, colla compilazione e pubblicazione dello stampato di cui sopra e colla successiva distribuzione da lui stesso compiuta il 17 maggio 1925 in Stella S. Giovanni ed in altri giorni imprecisati anteriori, in Sassello, Savona, ed altre numerose località del circondario, incitato pubblicamente ed in modo pericoloso per la pubblica tranquillità, all’odio fra la classe sociale del proletariato e quella della borghesia capitalistica, identificando in questa, attraverso a tutta l’intonazione dei vari articoli contenuti nel foglio, il partito fascista dominante e ponendone in rilievo i pretesi illegalismi, la menomazione delle pubbliche libertà, la responsabilità di governo nella perpetrazíone del delitto Matteotti, le prepotenze e le stragi compiute a danno del proletariato, nonché un preteso “sconcio episodio di profanazione” compiuto sulla croce stata apposta sul luogo del rinvenimento dei resti del cadavere dell’on. Matteotti, atti questi tutti attribuiti al “barbaro dominio fascista”, contro il quale dominio venne ad eccitare manifestamente la reazione proletaria, fra l’altro e precisamente col riportare, in testa al foglio i versi dello Stecchetti “Noi plebe non morremo, ma nel gran giorno i faccia al sol lucente, giustizia ci faremo”.
4. del reato p. e p. dagli art. 21, 19, 1° regio editto 2 marzo 1848 n. 695 per avere coi mezzi e nelle circostanze di tempo e di luogo di cui sopra, nell’articolo del fogli “Il procedimento contro De Bono e quello per l’assassinio c Giacomo Matteotti” oltraggiato il senato costituito in alta corte di giustizia e specialmente la commissione istruttori della stessa, colle parole “il materiale d’accusa… e imponente e se la giustizia fosse esercitata all’infuori delle passioni e delle preoccupazioni politiche basterebbe per dieci incriminazioni… E’ vano sperare che essi (i membri della commissione istruttoria), nel pronunciare, sappiano non farsi influenzare dalla considerazione della situazione politica che verrebbe a determinarsi se il generale De Bono dovesse essere incriminato… E’ possibile che il senato, il quale non ha il coraggio e forse non l’avrà mai… prima che la situazione politica sia cambiata, di votare contro il governo, abbia addirittura l’eroismo di chiamare lo stesso governo scolparsi innanzi all’alta corte? Sarebbe azzardato credere questa possibilità”.
5. del reato p. e p. dagli art. 20, 19, 1° regio editto 2 marzo 1848 n. 695, per avere, coi mezzi e nelle circostanze di tempo e di luogo di cui sopra, negli articoli del fogli “Le accoglienze al Re a Milano… e quelle di Firenze..” fatti risalire alla sacra persona del Re il biasimo e la responsabilità degli atti del suo governo, comunicando e mettendo artificiosamente in rilievo le pretese “fredde accoglienze dimostrazioni fatte dal popolo al sovrano nelle città suddette come per censurarne l’errore e la debolezza di mantenere al potere il governo fascista, dividendone e sanzionandone le colpe…” concetto questo chiaramente espresso nello stesso articolo col far precedere le parole “Le silence des peuples c’est la leçon des Rois”.
Diritto: in ordine al primo capo d’imputazione non occorre che il collegio spenda molte parole per addimostrare la colpevolezza del giudicabíle. La confessione in fatti del Pertini e la prova provata che egli contravvenne al disposto degli art. 2, 3, e 4 del regio editto sulla stampa 26 marzo 1848 n. 695. Per il combinato disposto di quegli articoli ora citati all’autore di una pubblicazione non periodica incombe l’obbligo (art. 4) prima ancora che all’editore e allo stampatore, di far imprimere nello stampato il luogo, l’officina e l’anno in cui lo stampato fu pubblicato, ed il nome dello stampatore. Il Pertini essendosi proclamato autore di quello stampato sia nell’interrogatorio da lui reso dopo il suo arresto sia all’orale dibattimento e non avendo curato che il foglio in sequestro avesse le indicazioni volute dall’art. 2 sopra citato, e incorso nella contravvenzione di cui al successivo art. 3 del regio editto sulla stampa, alle cui sanzioni pertanto dovrà sottostare.
In realtà, osserva il tribunale per quanto riguarda le imputazioni di cui al n. 2 della epigrafe, l’art. 1° della legge 7 luglio 1910 n. 432 non comprende l’autore dello scritto fra le persone, che sono poi lo stampatore e l’editore, le quali hanno l’obbligo di consegnare tre copie dello stampato o pubblicazione al procuratore del Re presso il tribunale del circondario, dove hanno sede o l’officina grafica o l’editore. Quindi parrebbe a prima vista che nessuna responsabilità dovesse investire l’imputato Pertini; senonché costui non si sa se per magnanimità o per esaltazione di se stesso si e in primo luogo dichiarato autore della pubblicazione clandestina e in secondo luogo si e confessato editore della pubblicazione stessa, aggiungendo ancora di avere “scientemente e volontariamente” omesso “di presentare alla procura del Re le prescritte tre copie della pubblicazione, prima di iniziarne la distribuzione”.
L’aforisma ex ore tuo te iudico, non può essere applicato meglio in altro caso che nel caso del Pertini. Egli, autore ed editore di un foglio stampato da officina clandestina, tiene a far conoscere questa sua duplice qualità con la quale e intervenuto a dar vita al foglio stesso: subisca quindi le conseguenze penali della trasgressione ai precetti della legge, che vieta il commercio di ogni stampato se prima tre copie di esso non siano state consegnate al procuratore del Re. E su ciò pare al tribunale che non sia più da insistere per dichiarare che il Pertini ha anche contravvenuto al disposto dell’art. 1° della legge 7 luglio 1910 n. 432.
Un esame coscienzioso e perciò sereno convince appieno che nel foglio incriminato non possano comunque contenersi gli estremi del delitto di incitamento all’odio fra le diverse classi sociali, non in particolari espressioni dei singoli articoli, non nell’intero stampato riguardato nel suo complesso. L’accusa pubblica basandosi sul titolo del foglio “Sotto il barbaro dominio fascista”, nell’avere il foglio riportato nella testata i versi dello Stecchetti “E grida, udite, il volgo macilente: Noi plebe non morremo, ma nel gran giorno in faccia al sol lucente giustizia ci faremo”, nell’aver riportata una frase del Principe del Machiavelli (cap. XXVI) “A ognuno puzza questo barbaro dominio”, l’accusa pubblica, ripetersi, ha sostenuto che il delitto di incitamento all’odio fra le diverse classi sociali si era con tutto ciò perfezionato ad opera del Pertini. E’ ben vero che molte volte, anzi il massimo numero di volte la testata, il titolo, il sottotitolo di uno scritto a stampa, come l’etichetta nelle bottiglie, ne indica il contenuto; ma non è raro il caso che come il contenuto delle bottiglie non risponda alla dicitura dell’etichetta, così il contenuto dello stampato non risponda al titolo pomposo, altosonante, e, se si vuole, bellicoso dello stampato stesso. Invano si affannerebbe chiunque dalla materia del foglio stampato dal Pertini volesse trarne la conseguenza che egli abbia eccitato all’odio fra classi sociali. Resterebbero quindi da esaminare sia il titolo del foglio, sia i versi dello Stecchetti sia infine la frase del Machiavelli riportati nella testata del foglio incriminato per vedere se in ciò possa ravvisarsi quella figura di reato contro l’ordine pubblico, di cui e chiamato a rispondere il Pertini. Primo requisito del reato in esame e l’eccitamento all’odio fra le classi sociali. Ora, a parte la considerazione che la testata del foglio di cui il Pertini si e fatto autore, editore e stampatore, non contiene, se non sofisticando sino alle ultime conseguenze, alcunché che possa neppure potenzialmente eccitare all’odio in quanto essa non e composta che di frasi a contenuto antiquato, che non possono più, dati i tempi, eccitare o suscitare passioni, il tribunale non crede di dover seguire la pubblica accusa affermante che il governo fascista debba considerarsi una classe sociale. Classe sociale e un conglomerato di persone, che animate da un comune intento, tendono a comuni finalità; il governo invece non è una classe sociale, perché si esprime da tutte le classi sociali ed e la sintesi suprema di esse. Dovrà in ordine a questo capo d’imputazione mancando gli estremi del delitto dichiararsi l’assoluzione del Pertini perché il fatto non costituisce reato.
Al contrario nessun dubbio può accogliere il collegio per quanto ha tratto al delitto di offese pubbliche al senato del quale e pure chiamato a rispondere il Pertini. Nell’articolo intitolato “Il procedimento contro De Bono e quello per l’assassinio di Giacomo Matteotti” egli esprime un vivo sentimento di sfiducia contro il senato, e questo suo sentimento spiega nel suo interrogatorio arrivando a dire che l’opera del senato costituito in alta corte di giustizia per il procedimento De Bono non può non prestarsi a sospetti. Non deve negarsi che sia possibile una critica anche vivace al senato, perché altrimenti si negherebbe il divenire della nazione, di cui il senato e una delle più alte e venerate istituzioni, ma non è permesso sollevare dubbi e dubbi gravi, come fa il Pertini, sulla opera e sulla funzione del senato sia politiche che giudiziarie. L’espressione del dubbio sulla rettitudine del senato costituito in alta corte di giustizia, sulla commissione istruttoria del senato per l’istruzione del procedimento contro il senatore De Bono, equivale a sprezzo del senato stesso, e quindi a menomazione di quella alta, immensa venerazione della quale esso va circondato. In ciò materialità e dolo, in ciò tutti i requisiti nei quali si integra il reato previsto e punito dagli art. 21, 19, 1° del regio editto sulla stampa.
L’interrogatorio del Pertini e lo stampato, integrandosi a vicenda, dimostrano a sufficienza che il Pertini ha voluto, e deliberatamente, far risalire al Re, capo della nazione, le pretese responsabilità, di cui si sarebbe macchiato l’attuale governo. Qualunque possa essere il fine del Pertini nella pubblicazione e divulgazione di quelle sue opinioni, esso e penalmente punibile. Il legislatore infatti, opinando, e giustamente, che la persona del Re sia superiore a classi e a partiti, e facendo responsabili i suoi ministri, lo colloca fuori di questi e di quelli e fa di lui il supremo moderatore dell’intera nazione. Rimproverargli, come ha fatto il Pertini, gli atti compiuti dal suo governo, e detestabile, peggio ancora censurare pretese debolezze e errori da lui compiuti mantenendo al potere il governo fascista e dividendone e sanzionandone le colpe.
Affermata la responsabilità dell’imputato Pertini in ordine ai reati a lui ascritti e riportati nei n. 1° e 2° della epigrafe il collegio ravvisa adeguato irrogare a lui rispettivamente le pene dell’ammenda di L. 50 per il 2° di essi e di L. 100 di multa per il 1°.
Equo e del pari infliggere al Pertini le pene di mesi sei di carcere e della multa di lire 1000 per il reato di offese pubbliche al senato e quella di mesi quattro di carcere e lire 100 di multa per le offese pubbliche alla maestà del Re. Dovendosi le pene del carcere convertire (art. 22 cap. 1° n. 6 disposizioni per l’attuazione del codice penale) nella detenzione, e operato il cumulo ai sensi degli articoli 68 e 75 C.P., il Pertini dovrà essere condannato complessivamente alla pena della detenzione per mesi otto, della multa di lire 1200 e dell’ammenda di lire 50. Dovrà inoltre condannarsi alle spese del giudizio e tassa di sentenza a favore dell’erario dello Stato.
Per questi motivi, visti ed applicati gli artt. 1, 2, 4, 19, 20 e 21 del regio editto sulla stampa 26 marzo 1848 n. 695, l’art. 1 della legge 7 luglio 1910 n. 432 e gli artt. 422 e 429 C.P.P., ritenuto l’imputato Pertini Alessandro colpevole dei reati ascrittigli ai numeri 1°, 2°, 4° e 5″ della epigrafe, lo condanna alla pena complessiva della detenzione per mesi otto, della multa in lire 1200 e dell’ammenda in lire 50, e al pagamento delle spese processuali e tassa di sentenza a favore dell’erario dello Stato. Visti poi gli artt. 247 C.P. e 1° legge 19 luglio 1894 n. 315 e 421 C.P.P.. assolve lo stesso imputato Pertini Alessandro dal reato di cui al n. 3 della epigrafe perché il fatto non costituisce reato.
Ordina la distruzione dei manifesti in giudiziale sequestro. “Con sentenza 2 dicembre 1925, la corte di appello di Genova, su appello del condannato, in applicazione del R.D. 31-7-1924, e in riforma della sentenza del tribunale, assolve Pertini Alessandro dalle imputazioni ascrittegli perché estinta l’azione penale per amnistia”.