Agli italo-americani di San Francisco (27 marzo 1982)

Signor Sindaco, Signore e Signori, e vorrei dire anche miei connazionali con profonda commozione, io avevo preparato un discorso che credo abbiate sui tavoli tradotto in inglese. Quindi lo leggerete questa sera se non riuscite a dormire. Ma state certi che a metà del discorso voi sarete già addormentati.

Qualcuno, non so perché, ha voluto scrivere che io avrei dato prova di timidezza a Washington. Non sono mai stato uno spavaldo, ma spavaldo lo sono stato combattendo per la libertà, contro i nemici della libertà. Ma quando si tratta di trovarmi in pubblico, sapendo di rappresentare gli interessi di una Nazione come l’Italia trovandomi di fronte a rappresentanti di una grande Nazione come è l’America, è chiaro che io vengo preso da modestia e non da spavalderia. In generale dietro lo spavaldo si nasconde sempre uno sprovveduto o un vile.

Io da quando mi trovo in America, da qualche giorno, ho parlato a Washington con i dirigenti della politica americana, con il Presidente Reagan, con il Segretario di Stato Haig, con i senatori ed i deputati del Congresso che mi hanno invitato a colazione. Adesso mi trovo qui in questa bella città che porta il nome di un Santo che è stato elevato a Protettore della Nazione Italiana: San Francesco. Tra poco dovrò riprendere la via del ritorno, riprendere il mio lavoro, al mio tavolo, non nell’interesse mio personale, che non ho mai tenuto in conto, ma nell’interesse del popolo italiano, e nell’interesse dell’umanità. Perché da quando io sono nella politica, e soprattutto da oggi che mi trovo al Quirinale, io sento il dovere di battermi non solo per il popolo italiano, ma per tutti quei popoli che sono oppressi e che non godono dei diritti civili, dei diritti umani e della libertà come la gode il popolo italiano.

Onorevole Sindaco, e se permette, cara amica, perché vi sono persone che rimangono vicine per lunghi anni e non si conoscono mai, ed amici non diventano: io La conosco da oggi, ho avuto l’onore di stare al suo fianco a tavola, La ho ascoltata, Lei ha ascoltato me, abbiamo parlato un po’ di quello che è stato il mio passato. Ebbene, nonostante io La conosca da oggi, Signora, sento di esserLe amico, e sento sinceramente di essere al suo fianco. Lei è degna di occupare il posto che occupa per volere del popolo di San Francisco. Lei con intelligenza e con impegno, con volontà e con tenacia sta assolvendo al suo dovere. Ebbene questo è un grande compito, Signora, e per Lei deve essere anche una grande soddisfazione. Perché quando uno riesce a compiere il proprio dovere non nell’interesse suo personale, ma nell’interesse della collettività, deve sentire costui la massima soddisfazione, perché il merito gli viene dal consenso del popolo, che sono certo Lei avrà sempre da parte del popolo di San Francisco. Se questo consenso non glielo dovesse dare, vuol dire che il popolo di San Francisco non capisce nulla. C’è qualche oppositore, si vede, in sala, Signora. Tutti abbiamo degli oppositori. Guai a chi non li ha, Signora. Li ho anch’io: guai a colui che pretende di avere sempre ragione.

Signora, a tavola abbiamo parlato, abbiamo conversato, abbiamo constatato che amiamo lo stesso scrittore, London, e che amiamo, soprattutto, il suo capolavoro.

Ma credo che anche altri amino “Martin Eden” ed “Il richiamo della foresta”. Io sono stato in Alaska, dove volevo vedere ad ogni costo gli orsi. Vi sono stato di recente mentre andavo in Giappone. Ma il governatore dell’Alaska, che è un poeta ed un romanziere, uno scrittore, un simpatico uomo, mi ha detto: “Non posso mica svegliarli per Lei dal letargo! Sono in letargo adesso gli orsi, li lasci dormire”.

Bene, Lei ha voluto sapere anche, parlando con me e Lei è donna forte, lo ha dimostrato anche a questa tribuna, ma è anche profondamente umana ha voluto sapere, dicevo, della mia vita. Sì Signora, la mia vita è costellata di molte rinunzie e di molti sacrifici. Ma io non mi sono mai lagnato di queste rinunzie e di questi sacrifici, Signora, perché io mi sono gettato nella lotta volontariamente. E chi partecipa volontariamente alla lotta non deve mai lagnarsi delle ferite che gli vengono inferte. Io sono sceso in lotta contro il fascismo quando giovane, nella mia Savona, avevo iniziato la professione di avvocato. Bene Signora, facendo il penalista, e lo facevo con passione, sono riuscito a far assolvere dei miei clienti. Io poi ho avuto 6 processi, ma tutte le volte che mi sono autodifeso mi sono sempre fatto regolarmente condannare. Vede, Signora, io sono uno dei tanti che hanno pagato di persona nella lotta contro il fascismo. Io ricordo gli anni trascorsi in carcere e poi nelle isole di deportazione, al confino come lo chiamiamo noi. Ebbene, Signora, quanti operai e quanti contadini io ho visto in carcere, ma compagni di carcere che avevano saputo affrontare il tribunale speciale, che avevano subìto condanne molto più alte della mia, a 1520 anni di carcere, al grido della loro fede. Operai e contadini, quasi analfabeti, perché chi ha una cultura, se questa cultura non dà una coscienza allora diventa nozionismo, vada dinanzi a “Rischiatutto” e cerchi di vincere qualche premio; è una trasmissione televisiva italiana. Bene, questi erano una minoranza, sono sempre le minoranze che si battono per il riscatto del loro popolo. Minoranza è stata quella del primo Risorgimento Italiano; minoranza è stata anche la vostra quando poi siete assurti a Nazione e siete diventati gli Stati Uniti d’America. Sono sempre minoranze che aprono la strada ai popoli e all’umanità e che fanno uscire i popoli e l’umanità dalle notti buie e senza stelle delle dittature per farli vivere nella libertà e nella democrazia.

Quello che ha fatto il popolo italiano, questo popolo che è un po’ misconosciuto, sì protesta perché ha diritto di protestare, ma tira avanti e cerca di uscire fuori dalla situazione grave in cui si trova. Vede, Signora, l’ho detto alla Casa Bianca dinanzi a Reagan ed a molti uomini politici e molti invitati, il mio popolo oggi soffre, è turbato dal terrorismo. Sì, vi è stata una forma di terrorismo in Francia, ma vi è stato soltanto qualche episodio. Il terrorismo che si manifesta anche in Spagna ha una sua ragione, lo si sa, sono i Paesi baschi; vi è stato anche qualche episodio di terrorismo in Germania, ma il terrorismo veramente si è scatenato con continuità in Italia. E qui vorrei richiamare l’attenzione di tutti, perché non è in gioco soltanto la sorte della democrazia italiana. A mio modesto avviso sì, qui vi è la mia timidezza di uomo modesto e serio le sorti dell’Italia, le sorti dell’umanità questa volta sono legate anche a quanto sta avvenendo nel bacino del Mediterraneo.

Signora, voglia tener presente che l’Italia è un ponte democratico che unisce l’Europa all’Africa ed al Medio Oriente. Se per dannata ipotesi questo ponte dovesse saltare, non solo sarebbe turbata la pace nel bacino del Mediterraneo, ma sarebbe turbata la pace nel mondo intero, saremmo, forse, all’inizio della terza guerra mondiale. Ed io lo dico con la costernazione che ho provato quando sono andato a raccogliermi a Hiroshima, dove è stata gettata la prima bomba atomica. Se per dannata ipotesi, Signora, la terza guerra mondiale dovesse esplodere, sarebbe la fine del nostro pieneta, sarebbe la fine dell’umanità.

Ebbene, io ho sempre sostenuto, e sono stato criticato da parecchi, da molti, dalla maggioranza forse, anche da qualche giornalista che è qui presente, non perché me lo abbia suggerito qualcuno, ma per una mia deduzione, io sono convinto, e lo sono ancora oggi, che la matrice, la centrale del terrorismo italiano non è in Italia. Dove si trova? Ma se lo sapessi, naturalmente non mi abbandonerei a delle dichiarazioni, metterei in moto le forze necessarie per rintracciare e prendere questa centrale per sopprimerla. Ma ecco un altro indice che si tratta di terrorismo con matrice internazionale: il sequestro del generale Dozier, questa è una delle prove. è vero, io ho ricevuto Dozier al Quirinale con tutta la sua famiglia. Coraggio ha dimostrato lui nell’occasione, ma altrettanto coraggio ha dimostrato anche la signora Dozier. Grande coraggio hanno dimostrato l’uno e l’altra. Dozier si è comportato con fierezza dinanzi ai terroristi. Dico qui quello che ho detto l’altro giorno al presidente Reagan e ai convenuti a quel ricevimento: “Dozier è un soldato valoroso, questi sono i soldati americani”. Ed il popolo americano deve andare orgoglioso di avere simili soldati pronti a difendere la libertà e il loro Paese.

Vede, non è che io voglia fare l’elogio del mio popolo solo perché sono Presidente della Repubblica, ma io l’ho amato il mio popolo sin da quando avevo 18 anni, sacrificando anche allora ed affrontando rinunce e sacrifici che erano necessari. Bene Signora, questo mio popolo si trova in una situazione economica difficile, voi forse questa situazione non la conoscete nella vostra California, ma la nostra è una situazione difficile. è chiaro, sì, è vero che anche altri Paesi d’Europa si trovano nella stessa situazione dell’Italia. Ebbene, questo popolo italiano, un po’ misconosciuto e talvolta disistimato, sa affrontare con fierezza e con coraggio il terrorismo. Signora, quando è stato assassinato un mio caro amico, che apparteneva ad un altro partito, ma questo non aveva importanza per me, Aldo Moro, 400 mila persone si sono riunite per protestare in Piazza San Giovanni, di tutti i ceti sociali, dal Presidente della Cassazione sino agli operai ed ai contadini della Ciociaria. Quando hanno assassinato l’operaio Rossa nella mia Genova, perché aveva denunciato un terrorista, 350 mila persone erano presenti ai suoi funerali. Così fu quando assassinarono il giudice Alessandrini a Milano, ben 350 mila persone erano ai suoi funerali. Questo sta a dimostrare che il popolo italiano fa barriera al terrorismo. E se per dannata ipotesi fosse stato assassinato dai terroristi il generale Dozier, nelle città della mia Italia tutti sarebbero scesi in piazza ad elevare la loro protesta. Signora, in un Paese d’Europa, che non nomino, è stato assassinato un ufficiale americano da terroristi, ma nessuno è sceso in piazza a protestare: questa è la differenza.

Non si preoccupi, Signora, sto terminando, non è che abusi della sua accoglienza e di quella del pubblico. Ho detto questo per affermare che con il popolo italiano si può camminare e si può lavorare insieme, sicuri di avere come compagni di viaggio un popolo onesto, generoso, laborioso, sicuro, lo state constatando voi della California. Qui in California vi sono italiani che sono venuti via dall’Italia dove purtroppo non hanno trovato la possibilità di svolgere un lavoro, la loro attività professionale. Ebbene, sono qui in California, qui a San Francisco, ormai essi si considerano, sicuramente, degli americani, fedeli alla bandiera americana, pur senza dimenticare la Madre Patria.

Ed allora, Signora, cerchiamo di camminare insieme e di lavorare insieme. è un appello che non solo io rivolgo al popolo americano, ma vorrei rivolgere un appello, se ne avessi l’autorità, ma non ho quest’autorità, a tutti i popoli della terra di sentirsi affratellati. E lo dirò, questo, a New York, quando parlerò alla Columbia University, dove mi sarà data una laurea honoris causa. Bisogna che i popoli, affratellati insieme, camminino fianco a fianco. Tutti i popoli della terra sono ormai legati allo stesso destino: o vivere insieme affratellati, o perire tutti insieme nel disastro, nella catastrofe della bomba nucleare. Questo è il destino, il dilemma che sta dinanzi all’umanità.

Ecco perché io finché avrò vita mi batterò sempre, Signora, per difendere i diritti civili ed i diritti umani, per cercare di difendere la libertà dei popoli contro coloro che vogliono opprimerli, per combattere anche la fame nel mondo. Quanti bambini, Signora, mentre noi parliamo, nel mondo muoiono per denutrizione! E questo fatto pesa, come deve pesare, come un rimorso sulla coscienza di tutti gli uomini di Stato, e quindi anche sulla mia coscienza. Io sono sicuro che quando lascerò l’America avrò questo conforto: di aver cercato, sia pure in minima parte, di rendere più saldi i vincoli che uniscono il popolo italiano al popolo americano e di fare in modo che il popolo americano e quello italiano possano lavorare insieme per difendere la pace nel mondo e per difendere la libertà di tutti i popoli.

Bene, Signora, le persone, come noi, che hanno un posto di responsabilità Lei il suo posto di responsabilità lo ha e lo assolve in modo degno e merita il consenso di tutti coloro che Le hanno dato il loro appoggio, non soltanto devono fare l’interesse dei rispettivi popoli, ma devono fare l’interesse dell’umanità, perché l’umanità possa camminare sicura sulla strada del lavoro, del progresso e della libertà senza più il pericolo di una tragedia nucleare.

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