Allocuzione all’Università del Cairo (in occasione della laurea Honoris Causa il 17 feb 1985)
ALLOCUZIONE ALL’UNIVERSITA’ DEL CAIRO
IN OCCASIONE DEL CONFERIMENTO DELLA LAUREA HONORIS CAUSA
(CAIRO 17 febbraio 1985)
l’onore da Voi attribuitomi – e per cui ringrazio Lei, Signor Rettore, il Consiglio Direttivo e tutta la comunità studentesca di questa Università – è di quelli che riempiono di gioia il cuore di un uomo. Le Sue gentili espressioni, Signor Rettore, sono valse a riportarmi, d’un tratto, indietro negli anni, sino al momento del mio primo contatto con il mondo della politica. Da giovane potei conseguire, dopo la laurea in Giurisprudenza a Genova, quella in Scienze Politiche all’Università di Firenze. Non ebbi modo, però, di sviluppare le mie fresche cognizioni sul piano scientifico. Allora in Italia il fascismo batteva alle porte; ed io dovetti dedicarmi ad una forma di tirocinio professionale diversa e lontana dalle affascinanti astrazioni della scienza. Fui trascinato nel vortice della passione politica. La mia scuola di perfezionamento fu la lotta, l’esilio, la prigione. Un apprendistato ininterrotto da allora ad oggi: se dalla rispettabile sommità dei miei anni volgo indietro lo sguardo, debbo constatare che in quel duro tirocinio ho bruciato la mia stagione più verde ed ho finito per riversarvi tutte le energie di una lunga esistenza. Non è però con la nostalgia e il rimpianto di qualcosa di perduto che rievoco tutto ciò; ma per tentare di spiegarvi alla buona il motivo della gioia e al tempo stesso del senso di umiltà che provo nel ricevere oggi da voi il lusinghiero riconoscimento.
Ma questi sentimenti non sono disgiunti, nell’animo mio, da un intimo e legittimo senso di orgoglio, per la circostanza che è da questo Paese di altissima e antichissima civiltà e cultura che l’onore oggi riservatomi proviene. Ho cercato ieri sera di esprimere dinanzi al Vostro Presidente la profonda ammirazione che io nutro – e il popolo italiano nutre con me – per ciò che nella storia dell’umanità ha rappresentato e rappresenta questa Nazione; e la commozione che oggi provo al compiere una sorta di “rivisitazione” spirituale in un Paese che, ancor prima di vederlo, già conoscevo.
Di quell’antico Egitto Voi oggi continuate il culto; e siete in questo Paese uno dei vivai intellettuali più prestigiosi. Insegnate alle giovani generazioni gli sviluppi più recenti di quelle discipline che in Egitto apparvero per la prima volta sotto il cielo. Meditazione religiosa e filosofica, arti e scienze, hanno dato avvio in questo paese, sin dal tempo lontano, alla prodigiosa avventura dello spirito umano; e tutte concorsero ad edificare quel meraviglioso scenario di forza e bellezza, simmetria e struttura, proporzione e movimento, equilibrio e saggezza, alacrità e pace che fu ed è il segreto di una seduzione durata per secoli. E qui, in Egitto, che l’uomo ha avvertito per la prima volta il senso della sua partecipazione al sublime; e per tal via è assurto alla certezza – o se volete all’illusione – di albergare anche lui la scintilla dell’immortalità.
Ad illustrare ciò, del resto, basta un simbolo: la monumentalità delle vostre opere d’arte più antiche. Gli slanci e i fervori della fede e dell’intelligenza dell’uomo trovano qui espressione in arditezze verticali e dimensioni colossali quasi incredibili all’occhio moderno, ed al cui confronto Acropoli e Colosseo impallidiscono. Una simile civiltà di affiato universale, di cui sola misura è stata la grandezza, vivrà ancora a lungo al di sopra dei flutti della storia. L’uomo moderno, che qui ritrova le matrici del suo patrimonio ideale e dei suoi stessi eroismi, non potrebbe esser oggi quello che è se l’Egitto non fosse mai stato.
Il terzo motivo per cui apprezzo in sommo grado l’onore riservatomi è che questo Ateneo è anche uno dei tramiti di congiunzione tra l’Egitto antico e quello moderno. Una continuità che è, del resto, scritta nella storia. Ogni successiva sovrapposizione di civiltà e cultura – politeismo e monoteismo; ellenizzazione e romanizzazione; cristianesimo, arabizzazione ed islamismo – ha contribuito a rendere questo Paese, nei secoli, un luogo di fertile commistione spirituale. Tutto ciò, è sfociato, dopo la vittoriosa rivoluzione nazionale, in un’ansia di modernità e di progresso, della quale questa Università vuol essere ed è uno specchio fedele. Sono orgoglioso di poter dire che a questo sforzo, volto a formare i professionisti necessari per lo sviluppo del Paese, l’Italia è stata felice di dare il suo contributo; e non da oggi. Uno dei nostri più illustri economisti, il Bresciani Turroni, insegnò qui per lunghi anni. Da un’intesa con il Presidente Sadat, giunto in visita in Italia nel 1976, è qui sorto l’Istituto di Pianificazione Urbanistica Regionale, nei locali di quella che era la Scuola italiana “Leonardo da Vinci” e con l’intervento del Dipartimento di Cooperazione allo Sviluppo del nostro Ministero degli Affari Esteri. Vivaci ed intense, sulla base dell’Accordo del 1959, sono le nostre relazioni culturali nei più vari campi del sapere, con particolare riguardo alle esplorazioni archeologiche.
Sono dunque questi, espressi in breve e come meglio ho potuto, i motivi che rendono grata al mio animo questa giornata; e per i quali accolgo commosso dalle Vostre mani il titolo accademico. Non dimenticherò, cari studenti, che da oggi sono un vostro compagno più anziano; ma non dimenticherò neanche l’onore che, attraverso la mia persona, avete voluto oggi rivolgere al Paese di là dal mare, di cui ho recato a voi tutti la voce e l’eco della sincera amicizia.