Perché questo portale

Il Centro Sandro Pertini, CE. S. P., in coerenza con il proprio Statuto, si prefigge, con il Portale, di partecipare alle riflessioni sul cambiamento dei sistemi sociali e di produrre informazione e cultura.

Il Portale sarà un luogo di autonomia e libertà. Di ricerca di verità, di vie per conoscere, per trasformare gli ordinamenti degli Stati e delle classi, per agire e lottare, utilizzando le opportunità della rete e degli ideali di liberazione e di pace. Di persone che si scelgono fra di loro, scrivono e si confrontano. Che pensano e hanno idee. Che tra la speranza e la paura privilegiano il coraggio.

Il Portale si propone di ampliare gli spazi collettivi in una società che li ha ridotti e che sempre più tende a ridurli. Una terrazza con vista sulla società, sulla cultura, sulla storia, sulla memoria, sul mondo, sul futuro. Un angolo di terra e di vita virtuale, uno spazio di condivisione simbolica. La ricerca di un linguaggio e di un pensiero comune. Un’esplorazione della vita senza veli o reticenze. Vuole essere una buca delle lettere, una finestra, una porta sempre aperta come accadeva nelle piccole comunità della mia infanzia dove gli abitanti si conoscevano, si sceglievano fra di loro, collaboravano e non erano paracadutati lì per caso o dalla forza del destino o dal gelo del bisogno.

Il Portale vuole qualificarsi come un luogo di scambio di idee, informazioni, pareri, servizi, messaggi, espressi in assoluta libertà e fatto di punti di aggregazione fra eguali, di sensori sociali, fondati sulla circolazione delle opinioni, degli studi, delle esperienze, indipendentemente dalla cartografia sociale in cui si è localizzati o dalla latitudine in cui si vive e si opera. Un luogo dell’eguaglianza, della libertà, della giustizia, della democrazia, della critica pubblica. Un modo diverso di condividere, di sentirsi e di farsi comunità, classe, cittadinanza attiva e responsabile.

Vogliamo costruire una palestra di discussione, un’agorà, una tribuna virtuale per garantire una sorta di extraterritorialità che consenta a ciascuno di dire fino in fondo ciò che si pensa, svincolati dal giogo del potere, dell’arroganza, del padrone, del leader, delle istituzioni, delle imprese, dei partiti, dei sindacati, degli ordini, delle associazioni, delle corporazioni, delle caste, del politico, del deputato, dell’assessore, del sacerdote, del banchiere, del burocrate, del magistrato, del poliziotto, del capo, del violento, dell’usuraio, del corrotto, dello speculatore, dell’estorsore, del profitto, della ricchezza, del lavoro, del bisogno, dell’inoccupazione, dell’istruzione, della povertà, della malattia, della solitudine, del clientelismo, del nepotismo, dell’insicurezza, delle religioni, delle culture, delle razze, dei sessi, delle cittadinanze, delle lingue, delle tradizioni, delle credenze, delle convenzioni, dei luoghi, dei riti, dei modelli sociali, politici e giuridici del consumismo e del capitalismo.

Nuovi spazi pubblici e nuove forme collettive sono richiesti dai cambiamenti epocali. Oggi occorre reagire alla cristallizzazione di questa società disgregata, liquida e vischiosa. Profondamente diversa da quella desiderata da intellettuali come Rosselli e partigiani come Pertini. Sono cambiate le categorie spaziali e valoriali. Non c’è giustizia né democrazia. Si cerca di superare la dialettica delle divisioni sociali con l’uniformità delle condivisioni pubblicitarie. Si chiudono i battenti dei luoghi tradizionali e si aprono iperluoghi immateriali che ridisegnano falsamente le mappe del presente ed ampliano le diseguaglianze reali, che strumentalizzano le aspirazioni della gente alla vita, al riscatto e al benessere. Con le idee, gli ideali, il sapere, la volontà, la tenacia, la coerenza, il mito, la metafora, l’aforisma, il simbolo, la memoria ci siamo assunti il compito di lanciare ponti verso un reale necessario: nuovo e ancora invisibile. Ma non per sempre virtuale.

Luigi Rosafio